Archive for Marzo, 2018

02/03/2018

 

IN  CUCINA  CON  AMORE  E  CON

 

  FEDERICA

 

Elena  Oggi è una giornata che ispira di stare a cucinare accanto al camino,  e proprio oggi voglio presentare il pane al latte di casa mia cotto nel forno a legna,  risulterà   soffice,  morbido e croccante.

 

IL PANE FRESCO DI CASA MIA

 

 

 

Ingredienti:  trecento g di farina tipo “0”,  trecento g di farina “00”,  latte q.b.,  quattrocento g di lievito madre,  tre cucchiai di olio.

 

Esecuzione:  impastare il lievito madre con gli altri ingredienti,  lasciare riposare per due ore, e poi reimpastare,  lasciamo riposare per una mezza giornata,  alla fine daremo forma ai panini e li lasceremo lievitare per altre sei ore,  poi cuocere il pane per dieci minuti circa (controllare la cottura).  Il profumo che si sentirà darà calore e ricchezza.

 

Federica  Ho Assaggiato tutto il tuo pane buonissimo,  ma questi panini nuovi li devo assaggiare.

 

Elena  Se verrai a trovarmi non solo sentirai il gusto ma sentirai anche il profumo.  Ti aspetto.

 

03/03/2018

 

Elena  Ho dei ravioli nuovi,  a forma di esagono,  con un ripieno mai fatto prima,  con lo stracotto di selvaggina e verdure.

 

ESAGONI RIPIENI DI

 

SELVAGGINA

 

Ingredienti: tre uova,  trecentocinquanta g di farina per pasta fresca,  sale,  selvaggina stufata,  cento g di parmigiano reggiano, una carota,  una cipolla dorata,  una stecca di sedano verde,  un chiodo di garofano,  cerfoglio,  salvia,  pepe,  un pizzico di peperoncino,   salsa di pomodoro,  olio extra vergine d’oliva,  vino rosato secco,  aceto di acero, un po’ di curry, un pizzico di cannella.

 

Esecuzione:  dopo avere marinato la carne la mettiamo in casseruola e la facciamo rosolare in una noce di burro,  poi sfumiamo col vino e aggiungeremo le spezie,  le erbe e le verdure tagliate a tocchetti,  mettiamo il brodo vegetale e il coperchio;  lasciamo sobollire fino a quando la selvaggine non avrà raggiunto una cottura ideale. prendiamo alcuni pezzi di carne saporita e la tritiamo molto fine,  aggiungeremo un po’ di brodo,  il pangrattato e il parmigiano.  Il risultato sarà un pesto molto saporito ma non salato,  tenero che non attacchi alle dita e alla pasta.  Tiriamo la sfoglia,  e facciamo i ravioli,  nel frattempo si farà il sugo di pomodoro, qualche porcino e salvia.  Mantechiamo gli esagoni nel sugo,  aggiungeremo l’olio,  e il formaggio grattugiato;  una squisitezza assicurata!

 

Federica   Altro che assicurata!  Assicuratissima!

Speriamo che domani venga il sole,  ciao.

 

04/03/2018

 

Elena  Ti avevo promesso la pizza,  è sempre quella di casa mia,  fatta con il lievito madre a lunga lievitazione.

 

Federica   Ci sono tanti modi di lievitazione,  qual è la migliore?

 

Elena  Io ne ho provate alcune e la migliore per me è quella a lunga lievitazione;  fatta con un grano sostenuto e con il lievito madre.  Secondo me  con una lievitazione di due ore  finisce di lievitare nello stomaco,  poi ognuno faccia come meglio crede.

 

LA PIZZA DI CASA MIA

 

 

 

Ingredienti:  farina di grano tenero e farina di grano duro,  oppure farina doppio zero e farina  “00”,  lievito madre,  sale,  per ogni trecento g di farina due cucchiai di olio (facoltativo).  Per il ripieno… (libero).

 

Esecuzione:  Impastare le farine  300 g circa con duecento g di lievito madre,  acqua e sale,  un cucchiaino di zucchero.  Lasciare riposare il panetto per due ore,  poi reimpastare e lasciare riposare per una notte,  il giorno seguente stendere la pizza sopra il piano da lavoro e ultimare la lievitazione poi guarnire e mettere in forno a legna per qualche minuto a seconda delle esigenze.  La pizza risulterà soffice,  leggera, e fragrante.

Federica   Quella che ho mangiato lì da te era buonissima.

Elena   Grazie! L’avevo iniziata due giorni prima.

 

06/03/2018

 

Elena  Oggi è la volta di una minestra saporita,  anzi,  due minestre insieme:  una corta e l’altra lunga,  sono spaghettini e trofie fatte in casa e condite al pesto di erbe.

 

 

SPAGHETTI E TROFIE FATTI IN

 

CASA

 

 

Ingredienti:  farina per pasta fresca,  farina per pasta fresca integrale,  due uova, patate, porri,  fagiolini,  aglio, basilico, pinoli,  pecorino,  parmigiano, pepe,  peperoncino,  olio extra vergine d’oliva,  brodo vegetale.

 

Esecuzione:  impastiamo la farina integrale con le uova per la preparazione degli spaghetti,  poi faremo un altro impasto per preparare le trofie con acqua,  farina e un po’ di lievito madre.  Dopo avere impastato faremo riposare i due impasti e procederemo con la manualità delle trofie e con il torchio per gli spaghetti.  Una volta eseguita la pasta ci porteremo ai fornelli per fare il sugo:  cuoceremo in poco brodo una patata tagliata a dadini, e una intera.  In un’altra casseruola cuoceremo i fagiolini a vapore,  poi faremo il pesto con il basilico,  i pinoli,  il pecorino,  il parmigiano infine olio, sale pepe e peperoncino.  Adesso prendiamo la casseruola delle patate,  togliamo quelle fatte a dadini mentre l’altra la lasceremo nel brodo,  aggiungiamo del parmigiano grattugiato e faremo una crema di patate e parmigiano;  aggiustiamo di sale e pepe e i condimenti sono pronti.  Cuoceremo la pasta nel brodo,  scoliamo e la mantechiamo con la crema di patate avvolta nei fagiolini tagliati a pezzetti e aggiungiamo le patate a dadini,  poi,  toglieremo dal fuoco,  mettiamo il pesto  e impiattiamo.

 

Federica   Anche qui il sapore non sbaglia,  che bel piatto!

 

Grazie!

 

07/03/2018

 

Elena   Ed ecco le tue tanto attese “pesche dolci”,  in effetti è già un po’ di tempo che non le faccio,  ma oggi ancora più buone perché ho migliorato la mia ricetta di un tempo.

 

PESCHE DOLCI ALL’ALCHERMES

 

Ingredienti: trecento g di farina per dolci duecento g di lievito madre,  cinquanta g di zucchero, la scorza di agrume grattugiata,  una bacca di vaniglia,  un uovo intero e due tuorli,  trenta g di margarina,  un po’ di latte:  quello che serve per l’impasto per ottenere un impasto morbido che non attacchi alle dita.  Per il ripieno:  zucchero a velo,  zucchero semolato,  crema al latte, (fatta con latte,  rum e mascarpone;  e  l’elemento che caratterizza questo dolce,  che è l’alchermes rosso.

 

Esecuzione:  impastiamo tutti gli ingredienti insieme,  facciamo un bel panetto e lo metteremo a riposare per una notte,  (per esempio impastiamo alle cinque e..) poi,  il mattino seguente prendiamo l’impasto che dovrà risultare almeno tre volte quello iniziale,  poi prenderemo una teglia da forno,  stendiamo la carta forno e facciamo delle palline dal diametro di tre cm circa,   possibilmente tutte uguali,  le mettiamo distanti sulla teglia perché lieviteranno ancora per sei ore fino a triplicare il loro volume.  Inforniamo ad una temperatura di 180° e dopo 15-20 minuti le palline saranno pronte.  Lasciamo raffreddare,  nel frattempo prepareremo la crema,  e tutto quello che servirà per farcirle,  faremo una piccola incisione nella parte interna della pesca e  le bagneremo nell’alchermes e subito le passeremo nello zucchero semolato,  le farciremo di crema infine, mettiamo una spolveratina di zucchero a velo vanigliato,  ed eccole,  morbide leggere e deliziose.

 

Federica  Quanta bontà,  io le conosco le tue pesche dolci!  Come faccio a rispettare la dieta?

 

Elena  Queste però sono ancora più buone perché più saporite e leggere,  basta assaggiarne un po’.

 

09/03/2018

 

Elena   Mi hai chiesto se si possono fare gli involtini con la carne di agnello?  Certo,  basta usare il pezzo giusto,  la coscia,  poi viene disossata e sfilettata bene.   Eccoli   gli involtini di agnello,  nella foto sotto.

 

 

INVOLTINI DI AGNELLO

 

 

 

Ingredienti:  acquistiamo la carne che ci serve,  poi la tagliamo a fettine e la mariniamo con aglio,  rosmarino,  salvia,  cardamomo,  scalogno,  cannella (un pizzico),  sale e pepe,  brodo saporito di verdure,  una noce di burro, prosciutto cotto, fontina, vino prosecco.  Contorno di spinacine selvatiche e cavolfiori gratinati.

 

Esecuzione:  togliamo la carne dalla marinatura,  la stendiamo e mettiamo una fettina di prosciutto cotto,  e un po’ di fontina,  la sigilliamo e mettiamo gli involtini nella casseruola.  Adesso li facciamo rosolare con un po’ di burro e salvia per qualche minuto,  poi sfumiamo col prosecco,  e aggiungeremo un mestolo di brodo.  Incorporiamo anche altri sapori da noi prediletti e lasceremo cuocere a fiamma bassa fino a fine cottura.  Alziamo il coperchio e aggiungiamo ancora un po’ di brodo per amalgamare i sapori e raccogliere il sughetto.  Impiattiamo con le verdure sopra descritte.  Il tutto è molto gustoso e leggero.

Federica   Il tutto è assolutamente meraviglioso!  Ciao! A presto.

 

10/03/2018

 

Elena  Oggi invece ti presento miss spigola in filetti con un contorno di patate in crema di patate e cipollotti.

 

 

SPIGOLA  AI SAPORI

 

 

 

Ingredienti:  filetti di pesce,  peperoni verdi, una noce di burro, salvia,  spezie miste,  ovviamente sale,  cipollotti freschi,  brodo vegetale,  besciamella leggera,  olio extra vergine d’oliva,  farina di mandorle,  uno spicchio di aglio,  brandy,  parmigiano q.b.

 

Facciamo una crema di patate con le patate lessate e una noce di burro, poi tagliamo le patate a rondelle fini,  tagliamo anche i cipollotti,  facciamo gli strati, anche con il parmigiano, saliamo e mettiamo un po’ di brodo,  poi subito a cuocere in forno. Adesso prendiamo i filetti di pesce,  messi a macerare con succo di agrumi,  aglio e salvia,  passiamo nella farina di mandorle con un po’ di pangrattato e li facciamo dorare  con un filo di olio in padella aggiungendo aglio e salvia, li giriamo e li rigiriamo delicatamente e li mettiamo nel piatto da portata avvolti nei peperoni grigliati e il pasticcio di patate.

 

Federica   Si presentano bene,  e mi sembrano molto gustosi.

 

Elena  Grazie.  sì,  il pesce è morbido dentro e croccante fuori e poi con queste verdure appetitose è davvero ottimo.

 

Federica  Posso augurarti un bellissimo sabato sera?

 

Elena  Sì, certo,  tu fallo e chissà,  può darsi che  diventi bellissimo davvero!  Al prossimo articolo,  ciao!

 

 

01/03/2018

 

LA RESPIRAZIONE E IL SUO

 

APPARATO  DUE

 

Dall’articolo precedente.    La superficie respiratoria polmonare e essenziale per il transito dell’ossigeno dall’aria nel sangue e per quello,  in senso contrario,  dell’anidride carbonica.  A questo punto si affaccia però un altro problema,  non meno essenziale,  che è quello del trasporto dei gas nel veicolo sanguigno.  L’ossigeno,  che entra nel sangue a livello della superficie respiratoria, nella massima parte viene utilizzato lontano da essa,  in tutti i tessuti dell’organismo.  E così l’anidride carbonica,  espulsa attraverso la stessa superficie,  proviene con il sangue,  da tutti i tessuti in cui si è formata durante la combustione delle sostanze organiche.  Un rapido conto permette subito di dire che,  Per soddisfare i bisogni dell’organismo,  l’ossigeno e l’anidride carbonica  trasportati dal sangue non possono essere allo stato gassoso,  perché troppo piccolo i volume di questi gas  che può sciogliersi nel sangue e di conseguenza troppo piccolo sarebbe il volume di questi gas già trasportato nel sangue nell’unità di tempo.

I gas in questione non solo devono essere sciolti fisicamente nel sangue,  ma anche combinati chimicamente in modo labile con alcuni componenti del sangue stesso.  Si sa infatti che l’ossigeno per la maggior parte,  è combinato con l’emoglobina a formare un composto labile,  “l’ossiemoglobina”, di colore rosso vivo.  Continua.

 

02/03/2018

 

L’anidride carbonica per la massima parte,  si trova legata agli ioni basici di sodio e di potassio,  a formare dei sali i bicarbonati,  o all’emoglobina stessa,  a formare un composto labile che è la carbodiossiemoglobina. Circa 20 ml di ossigeno si trovano combinati come ossiemoglobina  in 100 ml di sangue normale;  analogamente circa 60 ml di anidride carbonica sono combinati chimicamente in 100 ml di sangue normale;  di questi poco più del 5% è combinato come carbodiossiemoglobina.  Si può allora concludere che l’ossigeno dopo essere entrato in forma gassosa nel sangue della rete capillare polmonare (o bronchiale negli animali acquatici),  si combina rapidamente con l’emoglobina e sotto questa forma è per la maggior parte  trasportato con il sangue ai tessuti.  Qui invece succede il fenomeno contrario a quello fino a qui considerato:   l’ossigeno si stacca dall’emoglobina, e penetra nelle cellule, di nuovo sotto forma gassosa.  Tragitto inverso percorre l’anidride carbonica prodotta dalla combustione cellulare:  essa a livello dei tessuti,  penetra nel sangue sotto forma gassosa, nel sangue si lega alle basi  e all’emoglobina.  Sotto questa forma l’anidride carbonica viene trasportata ai polmoni (o alle branchie),   dove si stacca dai globuli rossi e dalle basi poi esce verso l’ambiente esterno sotto forma gassosa.

È chiaro perciò che nel trasporto dei gas respiratori l’emoglobina,  il pigmento caratteristico del sangue,  gioca un ruolo fondamentale.  Il sangue normale deve avere una certa capacità di trasporto per i gas respiratori,  altrimenti si manifesta una malattia,  nota con il nome di “anemia”.   L’anemia non è propriamente uno stato di deficienza di sangue,  come potrebbe far pensare il nome, ma è soprattutto una carenza di emoglobina.  Il sangue che per deficienza di emoglobina trasporta meno ossigeno,  non è in grado di far fronte alle condizioni di maggior bisogno di ossigeno,  per esempio nel caso di un intenso lavoro muscolare.

Difatti il sangue degli anemici trasporta per unità di volume di sangue,  un volume di ossigeno minore che nei soggetti normali e questo si fa risentire sulla capacità di lavoro dei muscoli,  in quanto hanno a disposizione meno energia.  Uno stato di anemia specialmente se prolungato  e cioè cronico,  altera  lo stato di nutrizione dei tessuti e quindi la funzionalità di tutti gli organi.

Spero che tutto sia stato chiaro.  Elena  Lasagna

 

06/03/2018

 

Grazie,  mi è stato tutto chiaro,  ora mi piacerebbe avere una spiegazione scritta del cuore,  puoi?

 

06/03/2018

 

Sì,  lo farò,  non tutto in un giorno ma ti prometto che l’avrai.

 

IL CUORE

 

Il cuore è una struttura piuttosto complicata, è all’origine ,  anche nel corso del suo sviluppo embrionale nell’uomo,  un tubo con pareti contrattili (miocardio).  Questo tubo poi si ripiega, la sua cavità viene suddivisa in pareti sagittali  (verticali) e trasversali (orizzontali) in quattro scompartimenti:  due atrii situati superiormente e due ventricoli inferiormente. Due solchi perpendicolari,  visibili dall’esterno,  e il decorso dei vasi superficiali che nutrono il cuore,  indicano approssimativamente tale compartimentazione.  Il cuore nel suo insieme è un organo carnoso, grosso press’a poco quanto un pugno,  di forma grossolanamente conica,  con la base superiore e l’apice, che è inferiore rivolto verso sinistra.  È situato nel torace,  tra i polmoni,  davanti all’esofago e all’aorta,  grossa arteria che nasce dal cuore e lo circonda formando un arco che volge a sinistra,  indietro e ben presto in basso.  Il cuore riposa sul diaframma,  sul quale è inserito il sacco pericardico che racchiude il cuore e che bisogna aprire per rendere  visibile l’organo.  Davanti al cuore si trovano il timo o ciò che ne è rimasto nell’adulto, e lo sterno,  e una porzione della cassa toracica.  Dalla base del cuore emergono anche l’arteria polmonare,  le vene cave, e le vene polmonari.  Aprendo il cuore per studiarne la struttura interna,  si vede che ciasun atrio comunica col corrispondente ventricolo per mezzo di un orifizio,  detto atrioventricolare,  munito di valvole che consentono al sangue di passare dall’atrio al ventricolo sottostante,  ma che impediscono il reflusso del sangue dal ventricolo all’atrio e assicurano così un  percorso a senso unico:  vene  →  atrio  →   ventricolo    →   arterie.  la valvola dell’orifizio atrioventricolare destra è detta valvola “tricuspide”,  perché formata da tre lembi laminari triangolari  (cuspidi),  la cui base superiore è saldats al bordo dell’orifizio, e il cui vertice,  l’orlo e la faccia esterna sono connessi per mezzo di corde tendinee ai muscoli papillari,  sporgenze della parete del ventricolo che,  contraendosi, tirano in basso i lembi valvolari e rendono pervio l’orifizio atrioventricolare.  Lo stesso avviene per  l’orifizio atrioventricolare sinistro,  che però è chiuso da una valvola  a due lembi detta biscupide o mitrale.  Continua.

 

07/03/2018

 

Se i  muscoli papillari sono rilassati e per effetto della contrazione ventricolare (sistole),  il sangue viene spinto in alto,  esso sposta nella stessa direzione anche i lembi valvolari che,  avvicinandosi e combaciando,  chiudono l’orifizio e impediscono il passaggio del sangue dal ventricolo all’atrio.  Il sangue invece è convogliato verso  l’arteria corrispondente ( aorta per il ventricolo sinistro e polmonare per il ventricolo destro),  anch’essa munita di valvole,  del tipo detto a “nido di rondine” (semilunari),  che lasciano uscire il sangue dal ventricolo verso l’arteria,  ma ne impediscono il reflusso.   Come ben si nota comunicano tra di loro la parte superiore e quella inferiore della stessa metà del cuore,  ma non comunicano tra di loro  le due metà che sono separate dal setto interatriale e dal setto interventricolare.  In tal modo non è possibile che dopo la nascita, si mescolino il sangue ossigenato a quello non ossigenato,  cioè quello che ancora deve andare ai polmoni con quello che ritorna.  Prima della nascita,  quando l’ossigenazione avviene attraverso la placenta ( e i polmoni non funzionano),  la maggior parte dell’atrio destro passa direttamente nell’atrio sinistro attraverso il foro di Botallo,  aperto nella parete interatriale,  immettendosi nel grande circolo invece di andare ai polmoni (piccolo circolo) che non funzionano ancora.  Un’altra parte del sangue evita il polmone passando dall’arteria polmonare all’aorta mediante un vaso arterioso ,  Il dotto di Botallo, che unisce le due arterie.  Il foro e il dotto di Botallo si occludono alla nascita, e così il grande  e il piccolo circolo vengono separati.  Quindi,  com’è facile comprendere,  la mancanza di tale occlusione è la causa di una malattia che può essere anche mortale,  perché non tutto il sangue venoso andrà ad ossigenarsi e di ciò soffriranno i vari organi e l’intero organismo;  questa patologia è detta “Morbo blu”.  Come in genere si riscontra negli altri organi cavi, le pareti del cuore sono formate da tre tuniche sovrapposte,  ma di natura diversa,  per esempio da quelle del tubo digerente.  Infatti all’interno del cuore  endocardio,  troviamo che continua l’endotelio o tunica interna dei vasi,  ed è formato da cellule di aspetto epiteliale, pavimentose a contorni frastagliati;  in mezzo il miocardio,  o tunica cardiaca media,  costituito da fibre muscolari striate simili a quelle scheletriche ma con particolari e caratteristiche che le distinguono da quelle.  Continua.

 

08/03/2018

 

Tali differenze consistono nella presenza di strie intercalari che sono i punti di unione e di ingranaggio della membrana avvolgente  (sarcolemma) di due fibre adiacenti;  nella posizione delle miofibrille,  situate alla periferia e non al centro come nelle scheletriche,  mentre al centro vi è il citoplasma (sarcoplasma) e il nucleo.  Del miocardio,  oltre al tessuto proprio,  ora descritto,  fa parte anche il tessuto di conduzione,  che è formato da un particolare tessuto muscolare,  costituito da cellule piliedriche  (non allungate) con abbondante citoplasma,  ricco di glicogeno e con scarse miofibrille,  spesso disposte a vortice anziché ordinate in fascetti lungitudinali,  le quali passerebbero nelle fibre del tessuto proprio.

Il tessuto di conduzione forma due accumuli o nodi,  situati uno nella parete del seno venoso dell’atrio  (nodo di Keith e Flack) e l’altro (nodo di Tawara) nella parete posteriore del setto interatriale in corrispondenza del solco atrioventricolare; da questo parte il fascio di Paladino-His che presto si biforca in una branca destra e una branca sinistra,  destinate alle pareti del ventricolo corrispondente.  Ricevuto l’impulso dal nodo del seno il sistema di conduzione è in grado di trasmetterlo rapidamente ai vari segmenti del cuore e così regolare il ritmo e la sequenza temporale della contrazione.  La terza tunica del cuore,  o tunica esterna,  è l’epicardio,  che ha i caratteri di una sierosa (è cioè come il peritoneo e le pleure)  e si continua con quella del sacco fibroso (pericardio),  che come ho già detto racchiude il cuore.