24.01.2017

OMOTERMIA E TERMOREGOLAZIONE

Author: Elena Lasagna

24/01/2017

 

OMOTERMIA

 

In alcune classi di vertebrati (uccelli e mammiferi) il consumo energetico di base è sensibilmente più elevato che nelle altre classi.  Ciò rende possibile il mantenimento di una temperatura interna costante, che è decisamente superiore a quella dell’ambiente e precisamente intorno ai 36-38°C.  Per questo motivo questi animali sono chiamati omotermi.  Il consumo energetico di base,  è rappresentato dalla qualità di calore che l’organismo disperde nell’ambiente quando si trova in uno stato di lavoro muscolare ridotto al minimo ( si contraggono solo i muscoli respiratori e il muscolo cardiaco),  quando non è in atto lavoro digestivo perché l’intestino è vuoto di alimenti (a digiuno da almeno 12 ore)  e la temperatura ambientale è confortevole,  non si hanno sensazioni sgradevoli né di caldo né di freddo.  Questa quantità di calore deriva dal consumo dell’energia chimica alimentare occorrente perché si svolgano la respirazione,  la circolazione e tutte le altre funzioni cellulari di base ed è sufficiente a rimpiazzare il calore che si disperde nell’ambiente attraverso la superficie cutanea,  di modo che la temperatura interna dell’organismo si mantenga costante.  La temperatura di 36-38°C sembrerebbe determinata  da una particolare situazione che si verifica solo in condizioni di riposo muscolare,  di digiuno e di temperatura esterna confortevole.  Ma così non è, poiché la medesima temperatura interna viene mantenuta anche in condizioni esterne molto diverse:  ciò si verifica per l’entrata in funzione dei meccanismi che riescono sempre a far quadrare il bilancio tra calore prodotto e calore disperso.  In altre parole,  gli omotermi sono quelli che,  dotati di meccanismi di termoregolazione,  riescono a mantenere costante la temperatura del sangue.

25/01/2017

 

Riassumendo,  l’omotermia è la capacità dell’organismo umano di mantenere la temperatura corporea costante,  indipendentemente dalla temperatura ambientale. Essa è ottenuta mediante processi ossidativi che liberano energia a livello tissutale e mediante meccanismi omeostatici dovuti al sistema nervoso endocrino.

 

La termoregolazione è quel processo,  che presuppone innanzitutto una esatta informazione sulla temperatura della pelle e del sangue.  L’informazione sulla temperatura della pelle proviene dai recettori nervosi sensibili alla temperatura,  che prendono il nome di termorecettori e sono situati nel derma. Esistono due tipi di termorecettori:  termorecettori per il caldo e quelli per il freddo.  Essi rispondono in modo diverso alla temperatura cutanea: quelli per il freddo scaricano impulsi nervosi nelle vie termiche ad una frequenza tanto maggiore quanto è più bassa la temperatura;  quelli per il caldo invece scaricano impulsi nelle vie termiche ad una frequenza tanto più alta quanto più elevata è la temperatura.  Le fibre nervose dei termorecettori portano questi impulsi di varia frequenza dapprima al midollo spinale e poi,  lungo il midollo spinale,  fino al talamo ottico,  all’ippotalamo e alla corteccia sensitiva (è stato già menzionato in un altro articolo).  Nell’ippotalamo esiste un centro di termoregolazione che,  in base alle informazioni ricevute,  invia dei messaggi alla periferia,  provocando reazioni atte ad assicurare il bilancio termico.  Le reazioni periferiche sono sempre di due tipi: reazioni che sono sempre atte a modificare la dispersione di calore e reazioni atte a modificare la produzione di calore in modo da mantenere il bilancio termico pari.  Infatti quando la produzione è uguale alla dispersione,  la temperatura del corpo rimane costante.  Se la temperatura esterna scende al di sotto del valore ideale,  ovviamente scende anche la temperatura cutanea e il sangue tende a raffreddarsi,  quindi abbiamo una reazione duplice.  Da una parte l’organismo  cerca di ridurre la dispersione di calore riducendo la circolazione sanguigna cutanea aumentando lo spessore dell’aria ferma intorno alla superficie cutanea;  questo ultimo risultato viene ottenuto dall’erezione dei peli.  Riducendo la circolazione sanguigna la pelle si raffredda non solo in superficie, ma anche inprofonditàe la perdita di calore diminuisce;  rizzando i peli aumenta lo spessore di un mezzo scarsamente conduttore qual è l’ari a ferma e la dispersione di calore viene ridotta anche in questo modo.  L’organismo aumenta la produzione di calore,  innalzandone la produzione di molti tessuti mediante la messa in circolo si un ormone prodotto dalla tiroide,  la tiroxina,  e aumentando l’attività della sua massa muscolare; i muscoli,  infatti entrano in contrazione disordinata (brivido freddo).  Se invece la temperatura esterna sale oltre il valore confortevole o ideale, anche la temperatura cutanea e quella del sangue tendono ad aumentare.   Anche in questo caso la reazione è duplice:  si ha una maggiore irrorazione cutanea perché i vasi sanguigni superficiali si dilatano.  La pelle diventa calda e la dispersione di calore aumenta. E anche questo argomento continua a non finire nai.  Un’altra versione della termoregolazione:

 

La termoregolazione è il meccanismo che tende a mantenere costante  la temperatura dell’organismo attraverso l’adattamento dei processi di produzione e di dispersione del calore ai cambiamenti della temperatura ambientale.  Come ho già detto,  nell’organismo la produzione di calore deriva dai processi ossidativi del metabolismo energetico,  dall’attività muscolare e dall’alimentazione.  Continua…

26/01/2017

 

Le perdite di calore avvengono in gran parte per radiazione e conduzione,  e secondariamente attraverso il sudore,  la respirazione,  e gli emuntori intestinale e urinario.  In seguito a variazioni della temperatura ambientale gli organismi omeotermi mettono in atto risposte di tipo somatico,  endocrino,  comportamentale e soprattutto neurovegetativo,  attraverso le quali viene adeguata l’entità delle perdite e della produzione di calore.  Il freddo attiva un meccanismo come l’attività muscolare,   la secrezione di adrenalina e di noredrenalina,  di ormone tireotropo, l’aumento dell’appetito, come pure la vasocostrizione cutanea,  i riflessi di orripilazione e di raggomitolamento, che tendono a diminuire le perdite di calore.  Al contrario sono attivati dal caldo:  la vasodilatazione cutanea,  la ventilazione polmonare, e la sudorazione,  che favoriscono la dispersione del calore.  Diminuiscono inoltre l’appetito, l’attività motoria e la secrezione ipofisaria di ormone tireotropo,  con conseguente rallentamento del metabolismo e,  quindi,  della produzione del calore.  L’insieme dei meccanismi riflessi termoregolatori è integrato dall’ippotalamo.  Nell’ippotalamo anteriore dei neuroni sensibili ad aumenti di temperatura e capaci di reagire a questi aumenti (1-2°C) con l’attivazione dei meccanismi di dispersione termica.  Lesioni a livello dei nuclei dell’ippotalamo anteriore determinano l’ipertermia.  Nell’ippotalamo posteriore e laterale esiste n centro termogenetico,  costituito da neuroni che risentono delle diminuzioni della temperatura ambiente reagendo a esse con l’attivazione dei meccanismi conservativi e produttivi del calore.  In determinate circostanze il controllo ipotalamico della temperatura corporea risulta spostato a un livello più alto:  ciò  in particolare si osserva nella febbre, dovuta il più delle volte alla liberazione di tossine che agiscono sui centri termoregolatori dell’ipotalamo attraverso fattori pirogeni dei leucociti circolanti.  Per ora ci fermiamo qui.

 

27/01/2017

 

IPOTERMIA  E CONGELAMENTO

 

L’ipotermia  è la diminuzione della temperatura corporea rispetto ai valori normali  (detta anche algidismo).  L’ipotermia può essere una conseguenza dell’assideramento,  di intossicazioni esogene,  lesioni nervose del midollo spinale,  meningiti,  idrocefalo,  stati di collasso nel corso di malattie infettive febbrili,  ecc.  L’ipotermia controllata,  denominata anche ibernazione artificiale,  quel metodo del passato rivolto a ottenere,  mediante adeguato abbassamento della temperatura corporea,  un rallentamento dei processi vitali dell’uomo in alcuni particolari interventi di neuro e cardiochirurgia.  La diminuzione dell’attività del sistema nervoso centrale nell’animale in ipotermia spinta suggerì la possibilità di utilizzare questa pratica in chirurgia per ottenere una più prolungata e più sicura anestesia generale,  con il vantaggio dell’interruzione della circolazione sanguigna per un tempo relativamente lungo,  il che è particolarmente utile in interventi sul cervello e sul cuore.  Poiché il metabolismo diminuisce con l’abbassarsi della temperatura corporea,  aumenta di conseguenza il tempo durante il quale i tessuti possono sopportare l’anossia.   Siccome,  l’arresto della circolazione,  che spesso avviene in cardiochirurgia,  potrebbe causare danni irreversibili al cervello si ovvia all’inconveniente raffreddando il sangue che va al cervello,  limitando l’ipotermia al territorio cefalico.   L’instaurarsi nell’uomo della fibrillazione ventricolare quando la temperatura corporea scende a 25°C creava una grave difficoltà all’adozione pratica del metodo.  Il fenomeno,  attribuito a un’alterata funzione del sistema nervoso autonomo,  è stato rimosso trattando preventivamente il paziente con farmaci che bloccano tale sistema  con il vantaggio di ottenere anche una diminuzione della frequenza cardiaca e una preventiva leggera anestesia.  Aggiungendo a questa pratica l’iperventilazione del soggetto con ossigeno puro,  onde evitare l’eccessivo accumulo di anidride carbonica,  la cui solubilità aumenta molto a bassa temperatura,  è possibile portare la temperatura interna al di sotto dei 30°C senza fibrillazione.  In queste condizioni l’interruzione della circolazione,  attraverso il cervello e il miocardio,  può durare anche oltre mezz’ora senza che avvengano alterazioni permanenti,  tempo sufficiente per numerosi interventi.  Continua…

28/01/2017

 

L’azione esercitata dal freddo ha effetti sia locali che generali.  Si parla di assideramento quando le manifestazioni sono prevalentemente generali (obnubilamento della coscienza,  sonnolenza,  sonno, morte).  Per congelamento invece si intendono le manifestazioni locali dell’azione del freddo.  Le cause predisponenti sono:  Il tipo di freddo,  quello umido è più dannoso, come la presenza di vento,  gli ostacoli meccanici della circolazione (fascie elastiche,  cinture, ecc.) ,  lo stato di nutrimento,  il sovraffaticamento,  la depressione morale,  l’abuso di alcolici.  Il freddo provoca diversi tipi di congelamento:  1°grado o fase eritematosa;  il ripetersi dell’eritema dà luogo ai geloni.  2°grado:  è caratterizzato dalla formazione di flittene (pustola provocata da cause esterne fisiche o chimiche). Terzo grado o fase della gangrena.  Terapia:  provocare gradualmente il disgelo con frizioni prima fredde (ottima da usarsi anche la neve),  poi con bagni di acqua tiepida. Proteggere con garze sterili le parti colpite.  Nel congelamento in genere,  sono colpite le estremità e specialmente gli arti inferiori a partire dai tratti distali.  In base ai sintomi e alla gravità  si distinguono tre gradi di congelamento:  il congelamento del primo grado è caratterizzato da dolore trafittivo,  edema, torpore ed eritema,  che regrediscono in dieci-venti giorni, lasciando quasi sempre per qualche mese un colorito bruno-grigiastro della parte.  Può regredire come evolversi con comparsa di flittene sempre più estese a contenuto citrino-emorragico (congelamento di secondo grado).  Le unghie tendono a staccarsi,  persistono disturbi sensitivi,  compaiono anche fenomeni paretici con rigidità muscolare.  Nel caso in cui non sia possibile il recupero con il dissecamento delle flittene, persistono delle ulcerazioni torpide (congelamento di terzo grado e compare un progressivo raffreddamento,  per lo più a carico delle parti distali  che diventano cianotiche e bluastre cadendo in necrosi.  Qualunque sia la fase cui il processo di congelamento è pervenuto,  la guarigione è molto lenta.